Come agenzia di ghostwriting riceviamo proposte di soggetti da potenziali clienti che ci chiedono di sviluppare per loro conto l’idea che hanno avuto, oppure di valutare il loro manoscritto. In molti casi si tratta di soggetti interessanti e originali, che sicuramente hanno i numeri per diventare libri di successo. Ma come si fa a riconoscere un’idea vincente? Qual è il segreto per convincere una casa editrice a pubblicare un libro?
Qualche dato
Secondo l’ultimo rapporto sullo stato dell’editoria italiana (AIE 2017), nell’anno 2016 sono stati pubblicati in Italia 66.000 titoli a stampa. Gli ebook pubblicati ammontano invece a 80.000 circa, anche se in termini di fatturato il mercato degli ebook vale solo il 5% del totale (in crescita, ma inferiore alle attese). Il rapporto dell’AIE indica come il principale problema dell’editoria italiana sia il basso indice di lettura: il calo dei lettori di libri è in Italia progressivo e costante ormai da molto tempo, facendo registrare nel corso del 2016 una preoccupante diminuzione del 3%. Il dato è ancora più allarmante se consideriamo che all’interno del ceto dirigenziale e professionale quasi il 40% delle persone dichiara di non leggere alcun libro nel tempo libero (fonte: OCSE-PISA).
Siamo, insomma, un Paese che legge pochissimo: se confrontiamo il dato con quello di altre nazioni vediamo che la media italiana (40,5%) si colloca ben al di sotto di quella spagnola (62,2%), tedesca (68,7%) e francese (84%), per citare solo i Paesi più vicini al nostro.
Sembra dunque paradossale che in un Paese dove si legge sempre meno si pubblichino invece sempre più titoli: rispetto al 2016 sono stati pubblicati più manuali (+3,9%) e più titoli di narrativa (+o,3%).
Un libro nel cassetto
Dei circa 60.000 titoli che ogni anno si pubblicano in Italia, si stima che circa 10.000 siano opere letterarie alla prima edizione. Dietro questo numero considerevole di scrittori esordienti c’è in realtà un esercito di scrittori dilettanti, persone che si divertono a scrivere nel loro tempo libero e sognano che il libro che hanno nel cassetto possa un giorno venire pubblicato. O magari ritengono di aver vissuto una vita da romanzo, e che la loro storia sia degna di un libro.
Molte delle persone che ci contattano per raccontarci la loro storia o il soggetto che hanno in mente per il loro romanzo d’esordio ci chiedono qual è il segreto per convincere una casa editrice a pubblicare un libro. Con questo articolo vogliamo provare a rispondere a questo interrogativo. La risposta, evidentemente, è che non c’è un segreto, e tanto meno esiste una ricetta miracolosa che assicuri la pubblicazione, dal momento che i fattori in gioco sono molti, e molto complessi. E tuttavia ci siamo chiesti se, sulla base della nostra esperienza, non ci fosse possibile individuare almeno qualche consiglio essenziale per aspiranti scrittori al loro esordio: una sorta di vademecum in cinque, sintetici punti con cui mettere in guardia dagli errori più comuni coloro che aspirano a pubblicare un libro con una casa editrice.
1. Scrivi di ciò che conosci
Uno dei consigli più vieti che si possano dare a un aspirante scrittore, eppure la validità di questo principio è indubitabile. Bisogna sempre scrivere di ciò che si conosce. Ci permettiamo tuttavia di spiegare meglio cosa si intende davvero con questo. Scrivere di ciò che si conosce non vuol dire che, se per esempio sono un insegnante, dovrei scrivere un romanzo che abbia come soggetto la scuola… posso scrivere, se voglio, anche un romanzo il cui protagonista sia un metalmeccanico, ma per farlo dovrò documentarmi. Se voglio scrivere un romanzo che parla di un gruppo di surfisti californiani non devo necessariamente essere un appassionato di surf e aver vissuto in California, ma è necessario che mi documenti ed è importante che, alla fine di questo processo, arrivi a conoscere bene il mondo che voglio rappresentare.
2. Un buon soggetto è metà dell’opera
Quello che molti non sanno è che il soggetto del libro conta più della forma. Con questo non vogliamo dire che si debba scrivere in maniera sciatta e trascurata, ma semplicemente che occorre curare con estrema attenzione il soggetto, che deve essere originale, deve imporsi con prepotenza all’attenzione di chi legge e deve, possibilmente, dire qualcosa di nuovo. Insomma: una casa editrice cerca un soggetto che sia in grado di vivere di vita propria, la cui forza sia tale da non poter essere ignorata dal lettore. Se un soggetto possiede queste caratteristiche, eventuali difetti di stile passano in secondo piano, perché le case editrici possono contare sul lavoro di editor professionisti che sono in grado di sollevare uno stile troppo piatto, migliorare l’espressione sul piano sintattico e lessicale, correggere errori ortografici e via discorrendo. Considerate che ha maggiori possibilità di essere pubblicato un romanzo dal soggetto brillante e originale ma debole dal punto di vista della forma rispetto a un romanzo impeccabile a livello formale ma con un soggetto mediocre.
3.Valutati con distacco
Uno scrittore tende a mettere molto di sé in ciò che scrive, ed è quindi difficile che riesca a valutare in modo obiettivo il risultato del suo lavoro. Spesso, però, proprio gli elementi a cui è maggiormente affezionato, e a cui dunque non riesce proprio a rinunciare, sono i punti deboli della scrittura. È quindi fondamentale cercare di valutare con distacco quello che si è scritto: leggere ad alta voce il testo aiuta a distanziarsene, come pure chiedere a una persona di fiducia di leggerlo e darci il suo parere.
4. Less is more
Serve spiegarlo? Ricorda che tutto quello che aggiungi e che non è assolutamente necessario ad esprimere l’idea non solo è inutile, ma può essere addirittura dannoso. Alla fine del processo di scrittura sarebbe buona norma rileggere più volte quanto scritto nell’ottica di individuare ciò che è buono e liberarlo dal superfluo che rischia di soffocarlo, come si fa con una pianta che deve crescere rigogliosa. La parola d’ordine in questo caso è tagliare: chiediti se eliminando una certa descrizione (che magari ami perché ti sembra così ben scritta, così lirica, e perché hai impiegato giorni a scriverla) l’idea generale ne risulterà indebolita. Se la risposta è no, taglia senza pietà. Un bravo scrittore impiega più tempo a tagliare e rimaneggiare un testo che a scriverlo.
5. Chiama le cose col loro nome, e che sia il più possibile esatto
Quando scriviamo, è fondamentale usare un linguaggio il più possibile esatto e preciso, e a sua volta la concretezza della storia, dell’ambientazione e dei personaggi ne trarranno grande beneficio. Ma cosa intendiamo con “linguaggio il più possibile esatto e preciso”? Una cosa in genere ha un nome esatto che la identifica: invece di ricorrere alla sua definizione o descrizione, usare il nome esatto della cosa serve a non appesantire lo stile. Per esempio, una “pentola dai bordi alti con due manici” si può chiamare “casseruola”. Inoltre, sempre per rendere più concreta la tua scrittura, ricorri ogni volta che puoi ai termini specifici invece degli abusati termini generici. Consideriamo una possibile scena di un romanzo. “La giornata era afosa e il parco era quasi deserto. Una ragazza con un cappello di paglia sedeva su una panchina all’ombra di un albero”. Se invece scrivo che “la giornata era afosa e il parco era quasi deserto. Una ragazza con un cappello di paglia sedeva su una panchina all’ombra di un olmo”, la scena acquista più colore, spessore e vivezza: al nome generico, di per sé insulso e poco significativo, preferisci il termine specifico, che aiuta a rappresentare con maggior concretezza la scena. Ovviamente questo non vuol dire che si debbano usare termini specialistici i a casaccio: il principio di verosimiglianza non deve essere mai tradito. Se scrivo, per esempio, che “nel giardino erano in fiore i ………., i ………. ed i………..”, non posso sostituire i puntini con dei nomi qualsiasi presi a caso da un manuale di botanica: visto che si parla di “fioritura”, dovranno essere piante che verosimilmente possano essere in fiore nello stesso periodo. Non potrò, quindi, scrivere, che “nel giardino erano in fiore gli iris, i ciclamini e la mimosa”.
Con quest’ultimo consiglio ci siamo addentrati nel campo minato dello stile. Da questo punto di vista ci sarebbe in realtà ben più da dire, perché sono moltissimi i difetti che tipicamente si riscontrano in uno scrittore esordiente: per esempio, siete sicuri che tutte le subordinate e le parentetiche che volete usare siano assolutamente necessarie? O ancora: esistono aggettivi in grado di esprimere di per sé stessi concetti superlativi, che pertanto possono sostituire gli abusati nessi avverbio + aggettivo (per esempio, invece di “molto triste” si può dire “affranto”). Si tratta di una risorsa stilistica di grande efficacia a cui però in pochissimi fra gli scrittori esordienti (e anche fra quelli affermati) ricorrono.
Ci fermiamo qui. Ci siamo limitati a indicare pochi punti che ci stanno particolarmente a cuore, ma siamo sicuri che questi consigli possano essere di grande aiuto per chi vuole migliorare la propria scrittura. Un segreto per convincere una casa editrice a pubblicare un libro non c’è, lo ripetiamo, così come non esistono ricette facili per scrivere un libro di successo. Aggiungiamo, a questo proposito, un ultimo consiglio: è necessario armarsi di pazienza perché non si può pensare di avere tutto e subito. Prima di ottenere una risposta positiva, uno scrittore esordiente si vedrà rifiutare un manoscritto da decine di case editrici (che in molti casi non risponderanno neanche…), ma è fondamentale non lasciarsi scoraggiare dalle prime difficoltà.